Va tutto bene, fino a prova contraria
9 lezioni di mindfulness da parte di una che non ce la fa
Bello, vero, questo luglio? Non so te, ma io mi sento perennemente in uno spin-off di The Boys.
(in senso negativo)
(aspe’, c’è un senso positivo di trovarsi nell’universo di The Boys?)
Ci sono le guerre in giro per il mondo, il riscaldamento globale, la gente che si arrabbia per la cerimonia di apertura delle Olimpiadi, la siccità e un’intera personalissima collezione di problemi di salute, mutui che aumentano, cose, case, libri, auto, viaggi, fogli di giornale che vanno un po’ a casaccio. Insomma, sbaglio a essere ansiosa? Non rispondermi. Sappiamo entrambi che non sbaglio. Ma si può vivere in costante survival mode? Nope. Non te lo dico (solo) perché sono appassionata di mindfulness. Te lo dico anche perché vado in terapia da anni e piano piano sto imparando alcune lezioni che si possono mettere in pratica in modo semplice e immediato.
Voglio dire, io non lo faccio, ma tu potresti.
Ok, proviamoci insieme.
1. Pratica la gratitudine
Eh lo so, lo so, tutti con ‘sta str***ata della gratitudine. Però è utile. Sapevi che il nostro cervello tende a plasmarsi giorno dopo giorno e creare nuovi pattern neuronali? Li crea in base a quello a cui decidiamo di prestare attenzione. Quindi, se presti attenzione al cane del vicino che abbaia nella notte, creerà un pattern negativo. Se presti attenzione al fatto che hai un comodo materasso su cui dormire, un cuscino sul quale appoggiare la testa stanca e un tetto e delle pareti che ti proteggono (almeno in parte) dal rumore esterno, creerà un pattern positivo. Vuoi provare a indovinare quale dei due ti darà più benefici a lungo termine?
2. Usa l’acronimo RAIN
L’autore James Baraz insegna che il buddhismo non è negazione degli aspetti spiacevoli della vita. Non ti sto dicendo che non ci siano cose (case, libri, auto, viaggi, fogli di giornale) che non vanno nella nostra vita, ti sto dicendo che ci sono e che devi accettarle. Usa l’acronimo RAIN, ovvero Riconoscere un pensiero negativo; Accettare che sia presente; Interessarsi al perché sia arrivato proprio adesso; Non identificarsi con esso. Tu non sei tutti i pensieri che hai. Ti dirò di più.
3. Non tutti i pensieri che hai sono reali
Ti è mai capitato di pensare che una persona fosse quella giusta per poi scoprire che non era così? O di desiderare tantissimo una cosa e poi accorgerti che non la volevi così tanto? Hai mai pensato che avresti superato un esame e invece poi lo hai cannato alla grande? Questo ti insegna che non tutti i tuoi pensieri si trasformano in realtà. Facile capirlo, quando parliamo di pensieri positivi. E i pensieri negativi? Si comportano esattamente allo stesso modo. Puoi pensare che fallirai, pensare che quella persona non ti ami, pensare che l’esame andrà male. Ma non è detto che questi pensieri si trasformeranno in realtà. Perché li consideri già avverati?
4. Osserva il nastro dei bagagli in aeroporto
Davvero. Hai presente quando il tuo aereo è appena atterrato e aspetti il tuo trolley sul nastro trasportatore? I tuoi occhi si concentrano su ogni singolo bagaglio per pochi secondi e lo lasciano andare quando si accorgono che non è il tuo (colore diverso, troppo grande, troppo piccolo, non è dello stesso brand). Solo quando finalmente la tua valigia esce fuori dalla “bocca” del nastro trasportatore, finalmente, la segui lungo il percorso e la prendi per portarla con te fuori dall’aeroporto. Lo stesso puoi fare con i pensieri. Viviamo immersi in un flusso continuo di informazioni, un nastro trasportatore che ci mette davanti cronaca nera, opinioni altrui, notizie sconcertanti, paure, preoccupazioni. Ma sono tutte nostre? No. Prendiamo solo quelle che ci appartengono e, dopo averle osservate per qualche secondo, lasciamo scorrere le altre.
5. Occhio alle profezie auto-avveranti
No no, non è magia voodoo, ma semplice psicologia e sociologia. Sei una persona pessimista, quindi pensi che tutti siano lì pronti a fregarti o aspettino il tuo passo falso per tagliarti la gola. Questo ti porta a comportarti in maniera schiva, scontrosa, a volte str***a. Ed ecco che a quel punto amici, familiari e conoscenti si scocciano di te ed effettivamente iniziano a trattarti male o a evitarti. Complimenti: hai avverato una profezia auto-avverante. Pensa a come starebbe stata bella quella serata, se avessi sfoggiato un sorriso e chiacchierato con la gente.
6. Ricordati perché hai cominciato
Quando un ostacolo si trova sul tuo cammino, ricordati qual è il motivo iniziale per cui hai compiuto quel cammino. La psichiatra e autrice Sue Varma fa l’esempio di una persona che non riesca a superare i test d’ingresso alla facoltà di medicina. Cosa dovrebbe fare? Piangersi addosso, pensare di essere un fallimento, riprovare all’infinito finché non avrà perso anni preziosi della sua vita? potrebbe essere un’idea. Ma se invece si chiedesse perché voleva fare medicina? Magari si accorgerebbe che il suo desiderio è aiutare le persone, cosa che può fare anche studiando psicologia o facendo volonatriato. Oppure che ama le materie scientifiche, e quindi potrebbe dedicarsi a biologia o chimica. Insomma, scopri il tuo perché e solo in un secondo momento individua il come.
7. Non farti sopraffare dalle possibilità
Eh sì, sembra pazzesco ma nel nostro mondo in cui abbiamo letteralmente tutto nel palmo di una mano, possiamo rimanere paralizzati dalle possibilità. Quale film guardare la sera è una scelta, in fondo, di poco conto, ma in quale città trasferirsi? Quale proposta di lavoro accettare? Su quale percorso di carriera immettersi? Sempre la dottoressa Varma suggerisce di usare la regola del 3. Davanti a una quantità troppo ampia di proposte, scegli le 3 che ti convincono di più, chiedi il parare di 3 persone fidate e datti 3 giorni (per le scelte più semplici) o 3 settimane o 3 mesi o 3 anni (per quelle più complesse) per fare la tua scelta. Altrimenti l’attrattiva di cercare una soluzione ancora migliore o più efficace ti intrappolerà nel limbo della non-scelta.
8. Metti in discussione le tue certezze
Hai la sicurezza assoluta che quel vicino ce l’abbia con te, ti ha guardata male quando vi siete incontrati al supermercato. Da allora covi rancore nei suoi confronti e pensi che la sera metta musica a tutto volume appositamente per non farti dormire. E se non fosse così? Se quel giorno al supermercato fosse stato semplicemente di fretta? Se non si rendesse conto di mettere un volume troppo alto perché non glielo hai mai fatto notare? Oppure sei sicura, sicura che tuo marito ti ignori quando hai l’emicrania, perché se ne sta al piano di sotto a giocare ai videogiochi mentre tu soffri in camera da letto. E se invece stesse evitando di entrare in camera da letto proprio per non disturbarti mentre soffri?* Osserva passare il tuo pensiero e mettilo in discussione. C’è la possibilità che non sia vero, e che anzi la verità sia molto diversa da quella che immagini? Esplorala.
9. Va tutto bene, fino a prova contraria
Nell’attesa di una risposta (a un esame universitario, a un colloquio di lavoro, a un esame medico ecc.) tendi a pensare negativo? Lo abbiamo già detto: lo faccio anch’io, è normale, capita a tutti, ma non dobbiamo cadere nella tentazione del pessimismo. Va tutto bene finché non arriva una risposta negativa e sai perché? Perché se, nell’attesa, pensi che andrà male, sprechi le tue energie in maniera inutile. Rifletti seriamente: preoccuparti di aver fallito un esame ti spinge a studiare di più? Oppure ti regala notti insonni in attesa del responso, che peggioreranno ancora il tuo rendimento? Se il medico avesse una brutta notizia per te, potresti cambiare le cose aggiungendo ulteriore stress al tuo fisico e alla tua mente nel frattempo? No. Per quanto sia difficile, pensa positivo. Se la riposta sarà negativa, avrai tutto il tempo per disperartene.
Quello che sto chiedendo a te e a me stessa è di essere mindful, di essere presenti e consapevoli delle nostre vite. Non solo: di esserlo in modo positivo. Ottimista ma pratico. Non un gioco da ragazzi, lo so, ma abbiamo detto che ci proviamo insieme.
*Ogni riferimento a cose, persone o me stessa è puramente casuale.
Questi piccoli consigli arrivano dalla mia esperienza in terapia e dai libri “Practical Opimism” di Sue Varma, “Awakening Joy” di James Baraz e Shoshana Alexander, “Emotional Intelligence” di Daniel Goleman e “On Self-Hatred” di Alain de Botton. Si tratta di semplici pillole di mindfulness che non hanno alcuna pretesa di esaustività. Se ne senti il bisogno, ti prego conttata un o una professionista. Puoi farlo anche gratuitamente presso la Croce Rossa Italiana.
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Questo mese, oltre a evitare di avere un crollo psicologico, sul blog ho scritto di:
Rendere visibile la disabilità invisibile: il cordino coi girasoli
Come separare l’opera dall’autore senza fare del male a nessuno (o quasi)
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Sotto il sole rovente di luglio, ho letto o riletto:
Testi che parlano, di Valentina Falcinelli ⭐️⭐️⭐️⭐️
Practical Optimism. The art, science, and practice of exceptional well-being, di Sue Varma ⭐️⭐️⭐️⭐️
La donna senza nome, di Vanessa Montfort ⭐️⭐️⭐️⭐️⭐️
Plentiful Energy. The story of the integral fast reactor, di Charles E. Till e Yoon Il Chang ⭐️⭐️
Invece ho visto:
Saint X di Leila Gerstein (avevo letto il libro lo scorso maggio).
The Boys stagione 4 di Erik Kripke, su cui prima o poi scriverò un saggio.
La prima stagione di Only Murders in the Building di Steve Martin e John Hoffman, che è molto divertente e che continuerò. Mia sorella mi ucciderebbe se non dicessi che me l’ha suggerita lei. Me l’ha suggerita lei.
Deadpool e Wolverine di Shawn Levy che è una delizia e alla fine sì, con i titoli di coda mi ha commossa.
Il finale di The Acolyte di Leslye Headland. Che alla fine è stato un po’ meh, però Manny Jacinto e Lee Jung-jae promossi a pieni voti.
Il mare della Sicilia, finalmente (dietro un bicchiere di Spritz, perché ormai sono un po’ veneta). Lo trovi in cima a questa newsletter.