Oggi voglio raccontarti una storia. Quando lavoravo nel blasonato mondo della moda (sì, io; no, non ridere, è vero) andavo spesso a eventi di settore. Ero poco più che una ragazzina e non sapevo mai cosa diavolo fare, come nascondere il sudore freddo dalla fronte, come mischiarmi a uno stuolo di persone apparentemente perfette nonostante arrivassi in metro, puzzolente, scombinata e dolorante. Comunque sia, arrivavo. Spesso in ultimissima fila, sulle punte dei piedi per scattare qualche buona foto o almeno vedere uno scampolo di tessuto. Finché.
Uno dei miei ultimi passaggi nel mondo della moda (ormai diversi anni fa) è stato a un evento molto molto carino. Era dedicato a un settore specifico e c’erano molte sfilate una dietro l’altra. Essendo un evento più di nicchia, riuscivo spesso a trovare un buon posto e godermi la sfilata. All’ultimo evento della giornata, scoprii con sorpresa che mi era stato assegnato un posto in prima fila. Non potevo crederci, e infatti non trovai il mio nome tra le sedute. Pazienza, mi misi in seconda fila aspettando che iniziasse lo show. Ma in quel momento una persona sollevò la borsa dalla fila davanti alla mia e lessi il mio nome. Quello era il mio posto in prima fila, nome e cognome, nero su bianco. Feci gentilmente notare alla persona che si era seduta, probabilmente per sbaglio, sul mio posto. Parve sorpresa, come se non sapesse che il suo nome non era quello, ma si spostò.
Quello che successe dopo fu incredibile. Le altre signore sedute in prima fila, tutti volti noti del giornalismo di moda e di quella nicchia in particolare, erano turbate. «Tesoro, tu non sai con chi stai parlando. Non hai idea di chi hai appena offeso!». Essendo da sempre una discreta secchiona avevo fatto i compiti, e sapevo benissimo con chi stavo parlando. Era una delle o forse la persona più influente in quel settore, in quell’evento e in quella specifica sfilata. E io, che non parlavo mai (così mi dicevano allora… ora le cose sono un po’ cambiate) le avevo chiesto di ridarmi il mio posto. Lo avevo fatto con piena cognizione di causa, perché sapevo per certo che la signora avesse anche lei un posto in prima fila, solo non era quello. Quello era il mio.
Se, come me, sei un’anima pura e ottimista, adesso ti aspetterai il lieto fine. Tipo oggi quella signora lavora per me; oppure l’evento ha chiuso i battenti per sempre e lei è finita nel dimenticatoio. Beh, non è andata così. Quella sera ho visto la sfilata dalla prima fila ed è stata l’ultima. Non sono mai più stata invitata a quell’evento e, le rare volte in cui ho provato a chiedere l’accredito, mi è stato rifiutato. La signora fa ancora il suo lavoro ed è uno dei nomi più rispettati in quel settore del fashion.
Ho provato a fare l’eroina dei giusti e ho perso, perché vincono sempre loro. Gli spietati.
Gli spietati salgono sul treno
e non ritornano mai più.
Non sono come noi,
perduti, antichi eroi.
[Dal testo di Gli Spietati dei Baustelle]
E mica è stata la prima volta, e neanche l’ultima. Ho giocato e ho perso quando ho intentato una sommossa social contro la società di trasporti che mi aveva maltrattata e umiliata per la mia patologia. Ho perso quando il ragazzo che mi piaceva al liceo si è messo con quella che credevo essere una mia amica. Ho perso quando ho provato a raccontare la mia verità e mi si è ritorta contro. Non ce l’ho fatta mai, contro gli spietati. (A parte ragazzo del liceo e amica: loro erano solo due adolescenti ed eravamo tutti un po’ scemi all’epoca. Non vi definirei spietati, ma accetterei le vostre scuse con 14 anni di ritardo, nel caso mi steste leggendo).
Insomma, tutto questo per dire quando cavolo ce la faremo? O meglio ancora, perché continuiamo a combattere? Nel mio caso, prima di tutto perché è divertente. Nessuna vittoria può essere paragonata alla preziosa occasione di avere una storia da raccontare. Sono una scrittrice.
Ma ho capito che lo faccio anche per un altro motivo, forse un pochino egoistico. Continuo a combattere per dimostrare a me stessa che sono migliore di loro. Degli spietati, dico. Avrò fatto tanti sbagli, ma in nessun momento della mia vita privata o lavorativa ho affossato consapevolmente qualcuno che stava al di sotto di me. Avrò perso, ma almeno non faccio schifo. O, per dirla con le parole del più augusto filosofo dei nostri tempi:
[…]magari te becchi qualche sòla, ma almeno quando crepi non finisci nello stesso girone di Margaret Thatcher.
[Da Questo mondo non mi renderà cattivo di Zerocalcare]
Questo mese ho scritto anche:
Sbirilla special: quanto è cambiato il mondo (digitale) dall’8 marzo scorso? con i preziosi contributi di Lorenzo Gasparrini, Shata Diallo, Federica Crovella, Serena Tosi Santoro, Elena Panciera.
Recensione del libro distopico J-Card: il junk food come metafora del privilegio
Come identificare le coppie che si lasciano nei programmi tv
Vuoi entrare nell’esercito dei perduti, antichi eroi? Non abbiamo mantelli, ma un sacco di storie da raccontare!
I libri più o meno eroici che ho letto questo mese:
Product Roadmaps Relaunched. How to set direction while embracing uncertainty di C. Todd Lombardo, Bruce McCarthy, Evan Ryan, Michael Connors ⭐️⭐️⭐️
The cement garden di Ian McEwan ⭐️⭐️⭐️
God save the queer. Catechismo femminista, di Michela Murgia ⭐️⭐️⭐️⭐️⭐️
J-card, di Laura Scaramozzino ⭐️⭐️⭐️⭐️
It ends with us, di Colleen Hoover ⭐️⭐️⭐️
Persone normali, di Sally Rooney ⭐️⭐️⭐️⭐️⭐️
Ave Mary. E la Chiesa inventò la donna, di Michela Murgia ⭐️⭐️⭐️⭐️⭐️
Cose che ho visto in questo mese (in alcuni casi con una bella dose di eroismo):
Galaxy Quest di Dean Parisot, che è una vera delizia. Soprattutto per chi ama Alan Rickman.
Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese, che è bellissimo anche se verso metà film ti verrebbe voglia di addormentarti. Resisti.
La cerimonia degli Oscar, il cui unico momento memorabile è stata l’esibizione di Ryan Gosling. 💗
Ferrari di Michael Mann, che se non fosse stato per ✨Adam✨ mi avrebbe fatta addormentare davvero.
American Fiction di Cord Jefferson, che avrebbe meritato molto più buzz di quanto ne abbia ricevuto.
Van Gogh: The Immersive Experience, che se siete a Milano vale la pena di vedere.
P.s. Quando pensi che comportarsi da eroe sia una scommessa a perdere, ricordati quest’altra perla del maestro Zerocalcare:
È tutto vero mia cara e spero che la storia che ti racconterò prossimamente possa dartene ulteriore conferma.