Sbirilla special: quanto è cambiato il mondo (digitale) dall’8 marzo scorso?
Un’indagine su come raccontiamo questa giornata sui social e i temi correlati, con i preziosi contributi di Lorenzo Gasparrini, Shata Diallo, Federica Crovella, Serena Tosi Santoro, Elena Panciera.
Ogni anno all’avvicinarsi dell’8 marzo comincio a tremare. Mi aspetto il solito maschilismo benevolo, che ci dice quanto siamo angeliche e speciali e ci inonda di mimose e frasi fatte. per poi rifugiarsi di nuovo nella completa mancanza di tutele e diritti per le donne. Quest’anno però è un po’ diverso. Mi sento più fiduciosa, e tu? Mi sembra che qualcosa sia cambiato, rispetto all’ultimo 8 marzo che ho vissuto, almeno sul web. Un maggior numero di attivistə, di giornalistə e di utenti in generale ha capito che il modo vuoto in cui festeggiavamo l’8 marzo non serviva a nessunə.
Partiamo proprio da qui, e dal fatto che sempre più persone si chiedono quale sia il vero significato di questa giornata e se sia giusto chiamarla “festa della donna” oppure no. Intendiamoci: non saranno le mimose e gli auguri a cambiare la condizione delle donne in Italia e nel mondo. Ciononostante, le parole hanno un peso e vanno usate con cautela. Quindi chiamiamo l’8 marzo con il suo vero nome: Giornata Internazionale (dei Diritti) delle Donne.
Da Google.it
Il patriarcato e altre deliziose invenzioni dellə femministə
Ma magari! Magari il patriarcato fosse una nostra invenzione. Sarebbe tutto più facile, per tuttə. Purtroppo invece questo sistema esiste, permea la nostra società come la maggior parte del mondo occidentale (e non solo) e pesa tantissimo sulle nostre scelte quotidiane. Se fino a un anno fa si trattava di una parola usata solo nei circoli femministi o sui tomi che leggevo solo io, però, oggi è sempre più frequente sentirne parlare sui social media, sul web e nella vita offline.
In un certo senso il primo media a rendere più democratico questo termine è stato il film di Barbie che, insieme al successivo Poor Things, ha portato il femminismo sulle tavole e nelle discussioni quotidiane deə italianə (non senza difetti). Ma non solo. Il merito va dato anche a Gino ed Elena Cecchettin che, dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin lo scorso novembre, hanno scelto di usare le parole giuste. Femminicidio appunto, e patriarcato. Costringendo così i media a ripetere quelle parole e ə utentə a informarsi su cosa significassero.
Da Neilpatel.com/ubersuggest
«Io non sono in grado di dire come sia cambiato dall'anno scorso, ma posso dire che è cambiato molto rispetto al tempo in cui ho iniziato a fare attivismo. Nel 2012 quasi nessunə parlava di femminicidio, era qualcosa di nicchia anche tra le persone che frequentavano gli ambienti più pluralisti. Ed era qualcosa appannaggio esclusivamente femminile. A distanza di più di dieci anni, anche i tg e i programmi più conservatori parlano di femminicidio, qualcosa di assolutamente impensabile. Questo significa che di passi avanti ne sono stati fatti e che ciò che ora sembra avanguardistico e visto con diffidenza, tra dieci anni non lo sarà».
Cit. Serena Tosi Santoro, attivista e comunicatrice sociale, presidente di Inclusiv3
Michela Murgia e la queerness
Un altro evento che ha inevitabilmente cambiato il nostro modo di parlare, online e offline, è stata la scomparsa di Michela Murgia lo scorso agosto. Non solo la diffusione dei suoi libri (tra cui il saggio postumo Dare la vita, edito da Rizzoli), ma anche le sue interviste dall’annuncio della malattia hanno posto sotto i riflettori un modo nuovo di intendere l’identità e la famiglia. Abbiamo scoperto il termine queer e ci siamo interrogati su cosa significhi essere una famiglia queer.
«Michela Murgia ha contribuito a diffondere tra chi parla italiano la parola "queer", che è stata cercata moltissimo su Google i giorni immediatamente successivi all'intervista che ha rilasciato per comunicare di avere un tumore al quarto stadio, e il giorno dopo la sua morte. I titoli di giornale hanno parlato molto di "famiglia queer", e in Italia abbiamo cercato di capire cosa significa. […]Per me però è stato l'inizio di qualcosa di importante: del dibattito sul concetto di queerness identitaria ma anche relazionale. In altre parole: serve parlare di tipi di famiglie diverse, la politica deve occuparsene. Ho cercato di spiegarlo qui».
Cit. Elena Panciera, consulente di comunicazione gentile e rispettosa e femminista intersezionale
Da Trends.google.it/trends
Il ruolo dei media
Io mi sono stupita nel sentire e leggere più volte le parole patriarcato e famiglia queer in tv e sui giornali. Sembravano quasi parolacce, quelle cose che si leggono sui saggi femministi e che dicono le donne… sì insomma… quelle un po’ inacidite. Anche se certo non si può dire che al pubblico generalista siano arrivate informazioni complete o approfondite, e in alcuni casi neanche corrette.
«[I media] hanno certamente alzato l'attenzione su questo fenomeno, ma hanno costretto me e altr* persone presenti sul web a spiegarlo decentemente innumerevoli volte [...]. Primo perché la maggior parte dei e delle giornalist* non sa manco di che sta parlando - e invece crede di sì - e poi perché fior di intellettualon* in merito hanno detto e scritto delle cretinate formidabili e dannose. Detto in maniera molto pratica, a me che faccio il formatore in questioni di genere hanno dato da lavorare per i prossimi dieci anni».
Cit. Lorenzo Gasparrini, filosofo, femminista e formatore
Attivismo e social media
Cosa è successo, veramente, in questo anno, per cambiare la nostra percezione sul tema del femminismo? Bisogna ricordare, come mi fa notare Shanta Diallo, che moltə di noi vivono in una bolla, se non nella vita vera almeno sui social, e che quindi quello che vediamo è solo uno scorcio di quella che è la realtà. Non si può confutare, però, che su Instagram ci siano più di 30.000 contenuti con hashtag #patriarcato e più di 180.000 con l’hashtag #femminismo. Non sempre positivi, certo.
Da Instagram.com
Così come non si può negare la pubblicazione nell’ultimo anno di innumerevoli saggi a tema, molti dei quali scritti da attivistə che usano anche i social per fare divulgazione. È a loro che, secondo me, dobbiamo i piccoli cambiamenti che vediamo sul web. Proprio per questo ho chiesto l’aiuto e l’opinione di chi lavora con il femminismo tutti i giorni, in un settore o in un altro, e tocca con mano quanta strada abbiamo fatta e quanta ne abbiamo ancora da fare.
I prossimi passi
Eppure continua ad esserci un numero spaventoso di femminicidi: già 9 nei primi due mesi del 2024, secondo il report di www.femminicidioitalia.info. Allora non è cambiato nulla?
«Non è cambiato niente, in termini di urgenza del tema, rispetto al passato[...]. È aumentato il livello di attivismo e di partecipazione attiva per tutte quelle persone che fanno parte della “bolla”».
Cit. Shata Diallo, consulente aziendale di Diversity, Equity e Inclusion
E perfino là dove non vediamo un cambiamento concreto, possiamo iniziare a scorgere il seme di un modo diverso di pensare. Tu lo intravedi?
«Le parole sono potenti, possono mettere in luce un problema che prima non era visto, o era chiamato in altri modi - proprio come è successo per "femminicidio" (ricordate quando veniva chiamato "delitto d'onore"? Non tanti anni fa). […]è un seme, l’inizio di una coscienza diversa, la premessa per tante azioni concrete che verranno».
Cit. Elena Panciera
Cosa posso fare io, cosa puoi fare tu
Me lo chiedo sempre, anche guidata dalla sceneggiatura più saggia dei nostri tempi: quella di BoJack Horseman.
Da Netflix.com
E l’ho chiesto anche alle persone che con tanta dedizione hanno voluto chiacchierare un po’ con me di questi temi.
«Le azioni portate avanti da attivist* e persone che provano a fare divulgazione potrebbero aver determinato una maggior consapevolezza e una delle cose che dovremmo continuare a fare è proprio dare voce alla violenza di genere».
Cit. Federica Crovella, giornalista e autrice del blog Scrivere di donne
«A proposito di lotta dell'intera cittadinanza, come presidente di Inclusiv3 non posso non sollevare l'importanza dell'intersezionalità. Con un approccio intersezionale nelle lotte e nell'antidiscriminazione, si scoprono nuovi intrecci che portano alla luce relazioni di potere e oppressioni difficili altrimenti da cogliere. Ed è un approccio che aiuta anche ad individuare nuove o future discriminazioni, consentendo un costante aggiornamento della lotta, sia nel monitoraggio che nelle possibili soluzioni».
Cit. Serena Tosi Santoro
«[...]gli spazi sicuri li fanno le persone sicure. Quindi serve empowering alle donne e assunzione di responsabilità sociale per gli uomini. Così avremo più spazi sicuri, non c'è altra strada».
Cit. Lorenzo Gasparrini
Insomma, la strada è chiara: avanti tutta, tuttə insieme. Ognunə con le proprie armi. Tra le mie, ci sono questa newsletter, la libertà di scrivere e il privilegio di confrontarmi con persone molto più esperte di me. Quali sono le tue?
Se ti servono nuove armi, ecco una breve e non esaustiva lista di libri femministi che ti consiglio:
God Save the Queer. Catechismo femminista di Michela Murgia
Donne che amano troppo di Robin Norwood
Il corpo elettrico. Il desiderio nel femminismo che verrà di Jennifer Guerra
Invisibili. Come il nostro mondo ignora le donne in ogni campo, dati alla mano di Caroline Criado Pérez
Perché il femminismo serve anche agli uomini di Lorenzo Gasparrini
Ci scalderemo al fuoco delle vostre code di paglia di Lorenzo Gasparrini
Campo di battaglia. Le lotte dei corpi femminili di Carolina Capria
Femminili singolari. Il femminismo è nelle parole di Vera Gheno
Parole d’altro genere. Come le scrittrici hanno cambiato il mondo di Vera Gheno
Ave Mary. E la chiesa inventò la donna di Michela Murgia
Manuale per ragazze rivoluzionarie. Perché il femminismo ci rende felici di Giulia Blasi
Lacrime bianche/ferite scure. Femminismo e supremazia bianca di Ruby Hamad
We should all be feminist di Chimamanda Ngozi Adichie
Cose spiegate bene. Questioni di un certo genere di Arianna Cavallo
Donne in viaggio. Storie e itinerari di emanzipazione di Lucie Azema
Chiamami così. Normalità, diversità e tutte le parole nel mezzo di Vera Gheno
Spezzate. Perché ci piace quando le donne sbagliano di Jude Ellison S. Doyle
Morgana. Storie di ragazze che tua madre non approverebbe di Michela Murgia e Chiara Tagliaferri
Il mito della bellezza di Naomi Wolf
Il mostruoso femminile. Il patriarcato e la paura delle donne di Jude Ellison S. Doyle
Eroine. Come i personaggi delle serie TV possono aiutarci a rifiorire di Marina Pierri
Anche questo è femminismo di Bossy
Liberati della pbrava bambina. Otto storie per fiorire di Andrea Colamedici e Maura Gancitano
Questi sono solo gli ultimi che mi è capitato di leggere. Aggiungi pure i tuoi e allunghiamo la lista insieme!