Dis-equilibri chimici
La storia vera della mia esperienza con gli antidepressivi (e quello che succede da quando ho smesso di prenderli).
Trigger warning: pensieri autolesionisti, depressione, suicidio (lo so, sto mese va così).
Gli inibitori selettivi del reuptake di serotonina (o SSRI) sono in grado - come dice il nome stesso - di inibire la ricaptazione della serotonina all'interno della terminazione presinaptica, favorendo l'aumento del segnale della 5-HT. Tale aumento fa sì che si verifichi un miglioramento della patologia depressiva.
[cit. my-personaltrainer.it]
Dimmi che hai capito qualcosa di questa frase, perché io no. Mi sembra che ci sia una questione di equilibri e dis-equilibri chimici. Quel che so è che, oltre alla patologia depressiva, gli SSRI sono utilizzati a bassi dosaggi anche per gestire pazienti con malattie croniche. Come me. Quando poi malattia cronica e traumi si uniscono, olè, gli SSRI sembrano proprio perfetti. Ma non lo sono, o almeno non lo sono stati nel mio caso. Per diversi anni i medici specializzati in fibromialgia hanno provato a tenere a bada i miei sintomi con un mix di farmaci tra cui, sì, un paio di antidepressivi a basso dosaggio.
Il problema con la fibromialgia, così come con altre patologie croniche che non hanno una causa ben precisa, è che ogni terapia è fatta di tentativi che a volte vanno bene, altre volte vanno male, più spesso oscillano tra l’uno e l’altro risultato. Nel mezzo ci sono io, o ci sei tu, o c’è chiunque abbia una malattia cronica e si affidi al lavoro della scienza. Nel mio caso, come ti dicevo, il mix di farmaci non stava funzionando. Così, in accordo con la reumatolga, stiamo tentando un’altra strada. Il problema? Che per approcciare un’altra terapia, bisogna prima eliminare quella che stai facendo. Ed eliminare gli antidepressivi, anche a così bassi dosaggi, è un gran casino.
Non so spiegarti cosa succeda nella mente di una persona che prende SSRI e poi non li prende più, ma ho capito che ha qualcosa a che fare con la chimica. La chimica, regina e padrona di ogni cosa sulla Terra, lo è anche del nostro cervello. Lo sapevi? Forse ti sorprenderà scoprire fino a che punto quelle maledette molecole possano scombinare del tutto il tuo senso di realtà. Gli antidepressivi, prima di tutto, si tolgono pian piano. Non puoi prenderli per mesi (ma neanche per una settimana) e poi smettere di prenderli. Devi attraversare quell’inferno in Terra che è l’abbassamento del dosaggio. Mezza compressa, poi mezza compressa ogni due giorni, poi ogni tre e così via, oppure una goccina alla volta. Un orribile stillicidio che può farti letteralmente impazzire. O quasi.
Tra i sintomi di astinenza da antidepressivi, oltre a una variegata quantità di dolori che francamente non saprei distinguere da quelli della fibromialgia, ci sono: irritabilità, aggressività, scoppi d’ira, pensieri suicidi, impulsività, tendenza all’autolesionismo, allucinazioni, depersonalizzazione. Te l’ho detto, questa cosa ti manda in pappa il cervello. Li ho provati tutti, in questi terribili due mesi di lentissima riduzione del farmaco che prendevo. E ho avuto paura, tantissima paura.
Il disturbo di depersonalizzazione/derealizzazione è caratterizzato da una persistente o ricorrente sensazione di scollegamento dal proprio corpo o dai propri processi mentali, come se si stesse osservando la propria vita dall’esterno (depersonalizzazione), e/o dalla sensazione di essere dissociato dall’ambiente circostante (derealizzazione).
[cit. mdsmanuals.com]
Riesci a immaginare cosa significhi per chi ha già una salute mentale ballerina? Mi è successo di sentirmi letteralmente scollegata dalla realtà, di guardare il mio corpo dall’alto, di dimenticare di essere in pubblico, di non riuscire a seguire una conversazione con mio marito, con la mia famiglia, con i miei amici. I pensieri autolesionisti sono arrivati solo nei giorni clou della riduzione del farmaco, ma sono arrivati. Non avevo un vero desoderio di morire, no. Ma l’ossessione di ripensare ai momenti più bui della mia vita, di aprire quei cassetti che mi sembravano ormai chiusi per sempre. E un’attenzione quasi morbosa per le lame del minipimer (chissà perché quelle poi, e non i coltelli).
“…questi ultimi tempi nei quali ti sei agitata davanti a me senza tregua come un personaggio di tragedia in perenne stato di furore”.
[da una lettera di Alberto Moravia ad Elsa Morante]
L’ho sempre immaginato così, il mio inevitabile tracollo psicologico (l’ho immaginato, sì). Se non romantica come un’Anna Karenina in stato di grazia, almeno furiosa come un’Elsa Morante in perenne stato di furore. Ma il tracollo psicologico non è stato bello, neanche tragicamente bello come il mio animo letterario l’aveva idealizzato. È stato più come guardare un animaletto selvatico lasciarsi pervadere da una rabbia incontrollata e senza senso, è stato come rendermi conto che quell’animaletto feroce e patetico ero io. Che urlavo a squarciagola e piangevo e dicevo cose prive di senso o in qualche modo piene di senso, ma comunque sbagliate. È stato come uscire da me stessa ed entrare in un’altra creatura, più brutta e infima, a un livello più basso sul piano dell’esistenza.
Sono sempre riuscita a tornare in me in tempo. Ho fatto fatica però. E ho pensato a chi non ha le robuste fondamenta di salute mentale che io ho costruito in questi anni. Sarei tornata in me, se non andassi in terapia da anni? Sarei tornata in me, se non conoscessi i metodi per respirare e concentrarmi sul qui e ora? Sarei tornata in me, se non avessi avuto accanto persone che mi amano e che si sono assicurate in un modo o in un altro se stessi bene? O sarei finita nella vasca con le lame del minipimer in mano? Non ne ho idea e pensarlo mi terrorizza. Mi terrorizza pensare a tutte le persone che non hanno la mia stessa fortuna, il mio stesso privilegio. Mi terrorizza immaginare che la vita possa essere così sempre, per qualcuno, per chi soffre di malattie mentali e non riesce a uscirne. Un paio di consigli, se stai passando o hai passato qualcosa del genere.
Fidati dei tuoi medici, oppure cambiali. Se senti di non poter raccontare loro ogni singolo sintomo della tua malattia e ogni effetto collaterale dei tuoi farmaci, o che non ti stiano prendendo sul serio, scappa a gambe levate e trova professionisti migliori.
Vai in terapia. Che tu stia prendendo antidepressivi per una malattia mentale o per qualsiasi altro motivo, la terapia ti può aiutare. Sempre. Se non hai la possibilità economica, rivolgiti al consultorio del tuo paese o parla con il tuo medico curante. Ci sono anche possibilità gratuite, anche se ancora troppo limitate.
Non smettere di prendere le tue medicine. Il mio racconto non deve renderti diffidente verso qualsiasi farmaco, perché ci sono situazioni in cui gli antidepressivi ti salveranno realmente la vita. Voglio solo che tu li prenda con consapevolezza e sappia a cosa andrai incontro, così forse ne avrai meno paura.
Parla con le persone che hai accanto. 9 volte su 10 non sapranno neanche lontanamente cosa sono i sintomi di astinenza da antidepressivi. Spiegaglielo, scriviglielo, invia risorse perché possano capire cosa stai passando.
Se senti che stai facendo pensieri autolesionisti o suicidi, qui trovi un elenco di risorse per un aiuto immediato. Non vergognarti, non sentirti in colpa, non avere imbarazzo. Chiamali. Di nuovo, è un gesto che può salvarti la vita.
P.s. Per qualsiasi motivo tu stessi prendendo gli SSRI, nel momento in cui li togli o ne riduci la dose, ci sarà un dis-equilibrio nella chimica del tuo cervello. Aggiungi serotonina: non so spiegarti la formula chimica esatta, ma posso darti qualche indizio. Stai con le persone che ami, esci, trascorri del tempo al sole, oppure riguarda Orgoglio e Pregiudizio per la millesima volta (versione 2005 of course), passeggia nel tuo luogo del cuore, fai qualcosa che ti faccia star bene e mangia. Possiamo continuare a odiare intensamente colei-che-non-deve-essere-nominata, ma allo stesso tempo ammettere che il Professor Lupin ha ragione. I dis-sennatori si combattono col cioccolato.
Se pensi che qualcuno che conosci abbia bisogno di questi consigli, o stia passando qualcosa di simile e abbia paura di parlarne, o non sappia con chi farlo, condividi il post.
Questo mese, tra la nebbia mentale e le crisi esistenziali, ho scritto anche:
Ho anche pubblicato un altro numero “speciale” di questa newsletter. Potresti averla persa perché è uscita nella settimana di Ferragosto, quindi eccola:
Anche qui, come immaginerai, c’è un trigger warning grande quanto una casa.
Questo mese, tra la nebbia mentale e le crisi esistenziali, ho letto:
Nel cuore della notte, di Rebecca West ⭐️⭐️⭐️⭐️
Stai zitta - e altre nove frasi che non vogliamo sentire più, di Michela Murgia ⭐️⭐️⭐️⭐️⭐️
The book you wish your parents had read (and your children will be glad that you did), di Philippa Perry ⭐️⭐️⭐️⭐️
Rosamund, di Rebecca West ⭐️⭐️⭐️
I figli che non voglio, a cura di Simonetta Sciandivasci ⭐️⭐️⭐️⭐️
Questo mese, tra la nebbia mentale e le crisi esistenziali, ho visto:
Le Olimpiadi di Parigi. Non ho capito niente, ma mi sono divertita.
Il finale di House of the Dragon, che mi ha lasciata un po’ perplessa ma tutto sommato continuo ad amare.
Inside Out 2 di Kelsey Mann. If you know, you know 🧡
Promising Young Woman di Emerald Fennell, che è sempre un colpo al cuore e che ha ispirato il numero speciale di questa newsletter.
La seconda e la terza stagione di Only Murders in the Building e mia sorella aveva ragione: è molto divertente.
Peaky Blinders di Steven Knight, e mi sono innamorata di questo frame qui:
“È una ricetta di mio padre” [cit.]
Love is Blind UK. Sono davvero ossessionata dai reality in cui gli sconosciuti si sposano, sì.
Ma l’unica cosa che avrei voluto veramente vedere è Crazy Ex-Girlfriend. Ti prego organizziamo una petizione per farla tornare disponibile da qualche parte in Italia, ne ho bisogno.
Ti capisco, e ti abbraccio. ❤️